CENNI STORICI SU VILLA EMMA
Villa Emma, monumentale residenza in Nonantola, fu costruita intorno al 1890 su commissione del Commendator Carlo Sacerdoti, che volle affettuosamente dedicarla alla moglie Emma Coen.
Unica nel suo genere, è stata costruita su progetto del famoso architetto modenese Vincenzo Maestri, che particolarmente propenso al linguaggio architettonico del classicismo si espresse al meglio proprio nell'architettura di Villa Emma molto ricca anche di decorazioni Liberty.
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Nata come residenza estiva e per le cerimonie, ha una pianta che si apre libera verso il parco circostante.
I prospetti, tutti di rilevante importanza, sono caratterizzati da una fastosità di decorazioni, da balconate con balaustre in cotto e loggiati con capitelli corinzi.
Alla principesca scala d’ingresso si contrappone il riservato patio posteriore; le ampie finestre illuminano i profondi disegni degli affreschi e i colori dei pavimenti finemente decorati.
I soffitti a volta affrescati dal maestro Fermo Forti e recuperati da un lungo e paziente restauro, sono ricchi di cromatismi e insieme alle sontuose pavimentazioni accompagnano il visitatore lungo un percorso romantico, senza soluzione di continuità, seguendo temi diversi per ogni ambiente.
Nel sottotetto che si sviluppa in tutta la pianta della Villa, sono custodite gelosamente le botti di Aceto Balsamico Tradizionale della famiglia Giacobazzi che si tramandano da generazioni.
Gli ampi locali che riportano alla mente gli antichi fasti, sono l’ideale per meeting e incontri di lavoro, matrimoni, feste e cerimonie. Un capiente parcheggio può ospitare nel verde le numerose vetture degli invitati.
La storia della Villa è segnata negli anni 1942-43 da un episodio che vide protagonisti 73 ragazzi ebrei profughi dalla Jugoslavia, Germania e Austria.
In fuga dalla ex Iugslavia, soggiornarono all'interno della Villa e furono aiutati dalla spiccata solidarietà di molte famiglie nonantolane che in seguito all’Armistizio dell’8 settembre ’43, li accolsero e nascosero all’interno delle loro case.
Grazie all'opera di don Arrigo Beccari, del dott. Moreali e di numerosi cittadini venne organizzata la loro fuga verso la salvezza in Svizzera.
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